Curiosità siciliane

Cavadduzzi e palummeddi di caciocavallo realizzati da pastori artisti

In alcune zone della Sicilia, continua la tradizione delle sculture in pasta filata, chiamate in dialetto “cavadduzzi” e “palummeddi”, ovvero cavallini e colombe. Questi nomi derivano dal fatto che la pasta di formaggio è modellata da esperti casari, principalmente a forma di questi due animali.

Le abili mani dei pastori riescono anche a creare altre forme. Questa tradizione molto antica è presente ancora in alcuni comuni dell’Isola, dove l’attività pastorizia è ancora viva. Tra questi, il borgo di Geraci Siculo, nelle Madonie, in provincia di Palermo. Qui alcuni pastori continuano a modellare a mano la pasta filata della tuma, che prima viene ridotta in straccetti e poi lasciata qualche secondo in acqua calda. Ancora fumante, i pastori artisti realizzano varie forme di caciocavallo. Le più comuni sono i cavalli e le colombe, ma si possono creare anche molti altri modelli. In passato, queste forme erano i giocattoli dei bambini del borgo: prima si divertivano a giocarci, poi le gustavano come un normale caciocavallo. Le forme, infatti, sono commestibili e possono essere consumate come qualsiasi altro formaggio.

Nel borgo, che fa parte del circuito turistico “Bella Sicilia”, si cerca di mantenere viva questa antica tradizione. L’amministrazione comunale ha anche promosso un corso riservato ai giovani, per far loro acquisire le competenze tecniche necessarie alla manipolazione dei prodotti caseari e alla produzione dei tradizionali caciocavalli geracesi.

Cavadduzzi e palummeddi di caciocavallo per occasioni speciali

Le forme di caciocavallo si realizzano in occasioni speciali, come la festa de “A Carvaccata di Vistiamara” (la Cavalcata dei Pastori). Si tratta di una sfilata a cavallo di rappresentanti delle storiche famiglie di pastori di Geraci, preceduta da un araldo trombettiere con stendardo. Questa tradizione si celebra ogni 7 anni, la terza domenica di luglio.

La manifestazione, iniziata nel 1643, è un modo speciale di ringraziare e mostrare riconoscenza a Dio per il suo favore. Durante la festa, si preparano preparati i “cavadduzzi e palummeddi” di caciocavallo, modellati a mano e appesi nel “chirchiu”, un cerchio di legno sostenuto da un bastone a guisa di ombrello rivestito di merletto bianco. La sfilata, preceduta dall’araldo con lo stendardo, rispetta nei dettagli una concezione di vita antica: sfilano prima i ragazzi, poi i giovani, gli uomini maturi e infine gli anziani, tra cui spicca il “Cassiere”, che monta cavalli riccamente bardati.

Il costume tradizionale dell’epoca comprendeva scarpe di pelo, gambiere di orbace abbottonate dietro e alte oltre il polpaccio, pantaloni di velluto nero fino al ginocchio, una giacca di velluto stretta alla vita e decorata con galloni di seta nera, e un copricapo di lana chiuso alle estremità e che scendeva sull’omero. Ognuno regge con la sinistra l’offerta. I più giovani: colombi, asinelli, daini, cavallucci, pecorelle fatti di pasta di cacio e pendenti, tra svolazzanti nastri di vario colore; gli uomini maturi mazzi di cera più o meno vistosi, legati con nastri e fiori, mentre il gruppo degli anziani porta alcuni paramenti sacri. Il cassiere infine porta “l’Antisfera” un drappo di velluto di seta nero riccamente ricamata in oro riproducendo la “Sacra Sfera”. Durante il percorso vi sono delle soste dove i bambini, anch’essi in abito tradizionale, intonano inni contenenti parole chiave sul significato della festa.

Scopri altre curiosità del borgo di Geraci Siculo. Vedi anche il dolce tipico di Pasqua: Agneddri Pasquali.

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